Tra i paradossi del nostro tempo c’è quello dei mali, veri o presunti apportati dalla stessa tecnologia, dall’innovazione.
Pensiamo ai videogames, pensiamo alla potenza di quello che si presenta, davanti a noi, oggi, come qualcosa di assolutamente alternativo alla vita quotidiana. Non parliamo più dei vecchi giochi da puro intrattenimento, quelli che insomma andavano di moda molti decenni fa. Oggi si parla di esperienza, di simulazione, di mondi alternativi, situazioni parallele, qualcosa che potrebbe far correre il rischio quasi di portare all’alienazione dello stesso giocatore dallo stesso quotidiano.
Qual è il limite consentito per non rischiare di farsi sopraffare da una realtà che in tutto e per tutto appare e si concretizza come artefatta, più che mai costruita, spesso dannosa? Il limite è forse tutto nel saper dosare quello che ci viene offerto come intrattenimento, in un preciso momento, a precise condizioni. La battaglia, insomma, tra uomo e videogames è forse tutta qui. I giovani, oggi più che mai forse oggi ne abusano? Possibile. Ma cosa fare?
Un gruppo di genitori, probabilmente particolarmente segnati dall’esperienza dei propri figli ha deciso d’imbastire una vera e propria class action contro uno dei titoli più noti del momento, prodotto dalla Epic Games. Nello specifico parliamo di Fortnite. Questo, infatti, tra gli altri, il gioco che ha fatto infuriare quel particolare gruppo di genitori, al punto da spingerli a una azione legale nei confronti dell’azienda produttrice dello stesso videogame.
Il tasto dolente, ovviamente per gli stessi produttori di videogames in questione è il fattore violenza, parliamo di condizioni e situazioni capaci di provocare vere e proprie dipendenze, molto spesso superiori alla media. Tra i titoli in questione, possiamo citare per esempio The Last of Us Parte 2 oppure Doom e Cyberpunk 2077. L’attenzione però, in questo caso si sposta tutta sui classici videogiochi multiplayer, con la presenza di veri e propri potenziali utenti tossici pronti a far vivere esperienze non proprio piacevoli a chiunque.
Lo studio legale Celax Legal del Quebec, l’operazione arriva infatti dal Canada, che rappresenta i genitori uniti contro Fortnite ha dichiarato che in base alla documentazione in suo possesso la dipendenza dal videogioco in questione “è simile alla dipendenza da cocaina“, citando, tra l’altro un articolo del 2018 in cui uno specialista comportamentale britannico ha detto che Fortnite “è come l’eroina“. La questione, insomma, appare molto più seria di quanto possa sembrare. I genitori sono decisi ad andare fino alla fine.
Fortnite, la sentenza del giudice è da incubo: questo è quello che emerge
Il giudice canadese al quale è stata sottoposta, di fatto, la class action ha concesso il permesso agli stessi genitori di continuare a fornire prove e documentazioni atte a supportare la propria accusa contro Fornite e Epic Games. La dichiarazione dello stesso giudice, in merito alla stessa operazione sottolinea quanto segue: “Non sembra essere frivola o manifestamente infondata”. La stessa Epic Games si è quindi difesa dalle stesse accuse immediatamente attraverso una dichiarazione inviata a Pc Games: “Disponiamo di controlli parentali leader nel settore che consentono ai genitori di supervisionare l’esperienza digitale dei loro figli”, cosi ha dichiarato Natalie Munoz, portavoce del colosso dei videogiochi.
Tra le dichiarazioni offerte dalla stessa class action troviamo inoltre: “Gli effetti della dipendenza dai videogiochi, incluso Fortnite, sul cervello dei bambini sono particolarmente dannosi in quanto quando sono continuamente attaccati alle loro console, sviluppano gravi carenze nella loro capacità di integrare l’intero spettro delle emozioni umane”. Inoltre secondo alcuni dati forniti, tutti da verificare, risulterebbe che: “C’è chi ha cominciato a giocare alcune ore a settimana e ha finito per accumulare 7.700 ore di gioco in due anni”. Stiamo parlando, conti alla mano di circa 10 ore al giorno. Una situazione molto delicata insomma, genitori contro videogiochi. La battaglia, è il caso di dirlo, si prospetta più dura che mai.