Una buona notizia per i cittadini italiani, sempre più in balia di veri e propri attacchi di natura puramente truffaldina.
Una decisione che mette il sigillo su una serie di dinamiche ampiamente denunciate dai cittadini italiani nel corso dei mesi passati. Una operazione, condotta, singolarmente a più aziende che alla fine hanno condotto una serie di campagne pubblicitarie non proprio legittime. Il fattore centrale è sempre lo stesso, spesso, troppo spesso si propongono, promettono elementi di fatto non presenti poi nella stessa offerta propinata all’utente finale.
In seguito a una attenta analisi dei fatti, il Tar del Lazio, attraverso tre diverse sentenze ha confermato le sanzioni di 4,6 milioni di euro per ognuna delle società che nel 2008 hanno di fatto condotto una campagna pubblicitaria ingannevole ai danni dei cittadini in merito alla possibilità di utilizzare l’allora nuova tecnologia della fibra ottica. Stiamo parlando di Fastweb, Telecom e Vodafone. Respinti, inoltre, nello stesso frangente, i ricordi delle telco, società impegnate nella progettazione e realizzazione di avanzati sistemi di automazione industriale e di processo.
Secondo quanto espresso dall’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) “i messaggi volti a enfatizzare il raggiungimento delle massime prestazioni in termini di velocità e affidabilità della connessione omettevano d’informare adeguatamente i consumatori circa le caratteristiche della tecnologia di trasmissione utilizzata e le connesse limitazioni nonché le reali potenzialità del servizio in fibra offerto (inclusi l’effettiva velocità di navigazione, i servizi fruibili e i limiti derivanti dallo sviluppo geografico della rete)”.
Stando inoltre a quanto riportato dallo stesso garante: “Nelle offerte commerciali della connettività in fibra, non veniva data adeguata visibilità all’opzione aggiuntiva, a pagamento dopo un primo periodo di gratuità, che consente di ottenere la massima velocità pubblicizzata”. Agcm, tra l’altro intimava la stessa cessazione della pratica in questione. Il Tar dunque si è pronunciato in tale senso: “correttamente l’Agcm interveniva per reprimere una comunicazione commerciale che nella primissima fase (c.d. Aggancio) si esternava in messaggi poco chiari e fuorvianti”.
Un colpo importante insomma a quelle che in qualche modo in alcuni casi diventano dei veri e propri incubi per li stessi cittadini. La necessità, spesso di dover cambiare gestore oppure offerta per quel che riguarda specifiche utenze condiziona a tal punto gli utenti da tenerli in qualche modo imbrigliati nella ricerca del risparmio a tutti i costi. In questo contesto, nasce dunque la pratica stessa del raggiro, da parte di aziende dalle quali, in genere non ci si aspetta tali trattamenti.
Contratti fibra, scattano le multe: il precedente di Enel in tutt’altro settore
Di recente l’Antitrust ha condannata dall’Antitrust a pagare una sanzione di 12,5 milioni di euro, Enel Energia, Servizio Elettrico Nazionale (SEN) ed Eni gas e luce, dopo aver “accertato l’ingiustificato rigetto delle istanze di prescrizione biennale presentate dagli utenti, a causa della tardiva fatturazione dei consumi di luce e gas, in assenza di elementi idonei a dimostrare che il ritardo fosse dovuto alla responsabilità dei consumatori”.
In questo caso il tutto riguarda la falsa informazione fatta nei confronti dei cittadini in merito alla necessità vera e propria di dover cambiare entro una scadenza fittizia la propria offerta in merito all’erogazione dell’energia elettrica. In merito a tale questione, poi, Enel ha reagito diffondendo la nota in questione: “Con riferimento al procedimento AGCM in materia di prescrizione biennale delle fatture emesse per i consumi di energia elettrica e gas, le società del Gruppo Enel precisano di aver sempre agito nel pieno rispetto della normativa primaria e regolatoria di riferimento, riconoscendo il diritto dei consumatori e ottenere la prescrizione delle fatture. Le società, si riservano sin d’ora ogni azione a propria tutela, confidando di poter dimostrare la piena legittimità e correttezza del proprio operato nelle successive fasi di giudizio”. Il discorso, insomma, in questo caso sembrerebbe non ancora chiuso.